Felicissimo di essermi sbagliato. Avevo pronosticato 1-0 per la Spagna. Non c’è stata partita, se non verso la fine, quando il traguardo dell’impresa era troppo vicino, e troppo meritato, per non agitare il timore di uno scippo del destino.
Due a zero, come contro il Belgio. Stessa cadenza, un gol nel primo tempo e un altro agli sgoccioli; e il raddoppio ancora di Pellè, sempre in acrobazia. Conte ha incartato Del Bosque. Ignoro quanto abbia inciso il pit-stop lungo dei nostri, di sicuro la Spagna ci ha capito poco. I Giaccherini, i Pellè e non solo la Bbc hanno circondato e disarmato Iniesta e le altre sartine, da David Silva a Busquets. Non c’è stato un duello, sulle fasce o al centro, che i nostri non abbiano vinto. Anche Florenzi, persino De Sciglio.
Vorrà pur dire qualcosa se il migliore delle Furiette è stato il portiere, De Gea, rete di Chiellini a parte. Buffon, in compenso, non ha compiuto una parata vera se non al minuto 89, su Piqué. Gli estremi dell’ordalia andavano dall’ultimo successo del 1994 allo 0-4 di Kiev. In mezzo, come mi ero permesso di segnalare, una striscia di pareggi che solo i rigori avevano girato a loro favore.
La Nazionale di Conte è stata perfetta. Recuperati i titolari, e parcheggiato il mal di pancia per la sconfitta con l’Irlanda, De Rossi, Parolo e Giaccherini hanno evitato che l’anestesia del giro palla ci addormentasse. Anzi: siamo stati noi a mettere a nanna il chirurgo, confondendone i piani e strappandogli l’iniziativa.
Pellè, lui, ha ribadito quanto sia importante il mestiere di centravanti. Se coinvolto e reattivo, naturalmente. Morata era la statuina di un presepe che, per anni, tutto il mondo ha invidiato. Pellè, un inno all’energia e al ruolo.
E adesso la Germania. Siamo la sua bestia nera. E i favoriti sono loro, come lo erano gli spagnoli.